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Giuseppe D'Ambrosio Angelillo, nato a Acquaviva delle Fonti (Puglia) nel 1956, figlio di contadini, è a Milano dall'età di 19 anni. Ha fatto tanti lavori di bassa forza per laurearsi in Filosofia e esercitare la sua scrittura. Si autoproduce tutti i suoi libri con la Piccola Casa Editrice ACQUAVIVA, da lui fondata nel 1982,. 11 suoi libri sono stati presentati a DORECIAKGULP del TG1 RAI da VINCENZO MOLLICA, suo grande estimatore. E' stato uno dei più intimi amici della poetessa Alda Merini. Hanno parlato di lui: RADIO 1 RAI , LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO, L'OPINIONE DELLE LIBERTA', LIBERAZIONE, IL CORRIERE DELLA SERA...IL GIORNALE, Ultimi libri pubblicati: BULLAZZE E MARMITTONI, 2006, IL MEDIANO NELLA BIRRA, 2008, IL PROFESSORE DI FILOSOFIA 2007, SPINOZA SE NE VA IN TERRA SANTA,romanzo, SUPERPAZZI,racconti. BETTY PAGE, romanzo 2012, LA NOTTE PRIMA DI NATALE racconti 2011, A QUANTO VA LA CARNE DEL POVERO GRECO OGGI? racconto 2012, CONTADINI E SQUATTRINATI raccontini 2013, L'EBREO NELLA NEVE romanzo 2013, KAFKA storielle minime 2014, MILAN BLUS BANN romanzo 3 volumi (1459 pagine complessive, su Google Books) 2015. http://libriacquaviva.blogspot.com
Milano. Chi possiede un libro di Alda Merini, può darsi abbia in casa un prodotto della piccola editrice ‘Acquaviva’. Lo riconoscerà dall’aspetto artigianale, dall’acquerello in copertina, dalle pagine interne pubblicate solo fronte.
Perché ‘Acquaviva’ é un editore anomalo. Come il suo ideatore: Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, scrittore, poeta, poligrafo pugliese d’origine e milanese d’adozione. Un tipo che ha scelto di fare tutto da sé. Scopo unico: la libertà d’azione ed espressione. Laureato in filosofia, studioso di Marx, si definisce ‘metropolitano’ e ‘notturno’.A Milano é un eroe della scena underground. Voleva essere autore ed editore: lo é diventato radicalmente, vivendo di quello che i libri che fa gli danno. Lo abbiamo incontrato. Ed abbiamo conosciuto un ‘personaggio strano’ (nel senso buono del termine) che fa filosofia e poesia anche quando parla di pane e solidarietà. La stessa cosa.
Ma chi é, in due parole, l’inventore di Acquaviva?
“Sono un autore che si autoproduce. Sono diventato editore per forza di cose, perché non ho avuto spazio presso i grandi editori; ma sono contento di questo perché ho guadagnato la libertà. D’altronde i grandi editori di una volta non ci sono più, quelli che avevano il fiuto, sapevano chi aveva la stoffa. Ora non c’é dirigenza filoletteraria ma filoeconomica. Così, negli anni ho imparato a fare libri particolari, unica arma per controbattere la concorrenza: i grandi lasciano spazi vuoti che io vado a individuare, infilandomi dove non c’é concorrenza: il libro fatto a mano, pennellato, rilegato a mano, in tirature basse, lo stretto necessario.”
Opere tue e…
“Il resto sono opere inedite di autori che mi piacciono. Bazzico sempre le librerie e se mi accorgo che l’editoria ha trascurato un libro che vale, vado a segnalarlo. Poi novità e i testi dei miei amici, che reputo bravi. Circa 40/50 testi all’anno, ma ci sono anni che faccio 10 libri soli. Mi occupo di tutto io, ho avuto amare esperienze. Dicevo: mi fido, non c’ho una lira… che cazzo mi rubano? Invece c’erano da rubare i miei libri… Mi é capitato: così faccio da me e faccio meglio. Sono stato sempre da solo, curo anche l’illustrazione, l’impaginazione. Ma non faccio niente di speciale: i miei maestri sono del rinascimento italiano… So fare un po’ di tutto perché l’artigianato é la via che ti garantisce la libertà al di là della gabbia del lavoro salariato. Se lavori per altri ti mettono sotto.
Ci racconti com’é iniziata la tua avventura?
“Ho cominciato come autore, a scrivere da piccolo; avevo un istinto allo scrivere, mi sono prodotto il primo libro a 17 anni: una raccolta di poesie fatta col ciclostile del mio gruppo. Non me lo volevano far fare, anche se la macchina era anche un poco mia. Seguire il sentimento era considerato piccolo borghese, non era consono ai tempi: la poesia non serviva a cambiare il mondo. Mi sono sempre sentito a disagio con questa prospettiva. Mi prendevano per matto per questa mia ‘mania’.”
E hai continuato. Partendo dalla Puglia…
“Acquaviva” é il nome del mio paese. I primi lavori erano fogli pinzati…Purtroppo ho cambiato tante di quelle case a Milano che ho perso molto di quel materiale. …Ho cominciato a scrivere romanzi, il primo l’anno prima di prendere la maturità. Si chiamava “I Ragazzi Maledetti” ed era ambientato a Milano. Per me era un luogo di fantasia, ma me l’ero immaginata così come era, come é ancora adesso, é il locomotore d’Italia: quello che si fa e si pensa, lo si fa e lo si pensa prima a Milano. Avevo il mito di Milano, in quegli anni qui c’era un casino unico. Sono venuto su e appena arrivato mi sono trovato immediatamente in una manifestazione con le cariche della polizia. Ero nel movimento, all’epoca, ma sapevo di essere diverso; per la letteratura. Certi amici mi incoraggiavano: “scrivi, racconta quello che vedi” e mi regalavano libri di poesie; dentro un libro mi scrissero: “che tu possa diventare il Prevert della gioventù contemporanea italiana”, poi “che tu possa diventare il Majakovskij degli anni ‘90″. Ho iniziato a bazzicare le case editrici per lo più con i miei abbozzi - ora lo dico con senso critico - ma avevo 21 anni e mi credevo Hemingway. La Feltrinelli diceva che si poteva far qualcosa, ma andavano limati, rifatti…Ma poi non andavano mai bene, cercavano di tagliarmi le scene più crude. Ed io, come poetica, voglio dire la verità, sempre, anche se va contro le mie convinzioni.”
Ci puoi dire qual è il libro che hai scritto al quale sei più affezionato?
I libri sono come i figli, quindi non vi è una preferenza. Li ami tutti incondizionatamente alla stessa maniera. Se proprio dovessi fare una scelta, allora direi l’ultimo che ho scritto. “Milan Blus Bann”, un romanzo parecchio lungo che mi piace molto.
Cosa pensi della situazione culturale milanese?
Milano è l’unica città italiana dove la cultura funziona di per sé stessa. E’ una città d’arte nascosta. Nell’underground milanese si possono trovare artisti che vivono, diciamo, “in proprio”. Se si cerca a fondo si possono conoscere il filosofo indiano che vive da eremita cittadino, il pittore genio al quale non gliene frega nulla di farsi esporre, il musicista underground spettacolare apprezzatissimo a Berlino ma poco in Patria. Questa magia purtroppo un po’ si è persa, mentre la troviamo conservata ad esempio a Parigi, New York, Londra. Io ricordo, quando frequentavo Brera, gli affitti bassi, che ti davano proprio l’idea della “vita da bohemienne”.
Ci puoi parlare della tua amicizia con Alda Merini?
Con Alda siamo stati amici per oltre vent’anni, negli ultimi 12 anni della sua vita eravamo praticamente sempre insieme. Posso dire di essere stato uno dei suoi pochi veri amici. “Voi gente del Sud siete superiori, avete un cuore enorme” mi ripeteva sempre. Alda mi telefonava a tutte le ore, inutile dire che era una persona straordinaria. Lei dava e cercava tanto amore. Non le importava del Premio Nobel o di essere considerata la più grande poetessa italiana: diffidava dalle persone che la cercavano per la sua gloria. Lei voleva essere apprezzata come persona e non come poetessa. Non frequentava salotti. A volte è stata male capita ed interpretata. Ma era tanto amata dalla gente comune, io sinceramente credo che sia oggi il poeta di gran lunga più amato dal popolo italiano, quantunque naturalmente chiunque può dire la sua. Ad esempio il giorno in cui decise di farsi fotografare nuda da Giuliano Grittini non lo fece certo per la notorietà, non ne aveva bisogno. Lo fece per liberarsi dall’idea della morte. Il messaggio che lei voleva lanciare era il seguente: “Si nasce nudi, si muore nudi”. Perché noi non siamo nulla a questo mondo. Tornando alla mia amicizia con Alda: lei mi chiamava sempre. Ed io la andavo a trovare a tutte le ore. Quando ci vedevamo a casa sua nel pomeriggio si stava in soggiorno. E se cominciava ad imbrunire, Alda non voleva che si accendessero le luci. Preferiva respirare il profumo del crepuscolo. Più il cielo si oscurava, più diventava triste e pensierosa. E cominciava a raccontarmi della sua vita. Parlavamo di tutto. Solamente quando diventava completamente buio, allora Alda mi diceva: “Ora puoi accendere”. “La luce è un gran dono, ne devi sentire la mancanza” soleva dire. La sua preghiera personale era il miracolo del mattino, della luce: “Toh! Guarda, un altro giorno che viene”. Alda era inoltre molto devota. Ricordo quando mi invitò la prima volta a recitare un’ Ave Maria. La ricordavo a fatica, ma poi compresi. La preghiera è una abitudine del popolo. Di tutti. Alda viveva di poesia. Ha regalato poesie a tutti (compreso al sottoscritto, n.d.i.). Non le importava guadagnare. Ha dato poesie a tantissimi editori. Anche alla gente comune che andava a visitarla.
Tornando a te, quali sono i tuoi progetti futuri? E come nascono le tue idee?
I miei progetti futuri non sono mai definiti, ma sicuramente saranno altri romanzi. L’idea nasce da un immagine. In greco idea significa immagine, sono la stessa cosa. Ora mi sta ronzando in testa l’idea di scrivere un libro circa la massa. La massa senza testa. La massa giudica, elogia, premia senza raziocinio. E’ un mistero, la massa.
Chi sono i tuoi poeti e scrittori preferiti?
Poeti e scrittori finiscono spesso per essere un’unica cosa. Dostoevskij lo considero la punta più alta dell’umanesimo occidentale. Non è stato capito, ironia della sorte, né da russi, né dagli europei. Lui è proprio come Alda Merini: non ha mai avuto una parabola discendente, ma è sempre andato in alto: perché entrambi cercavano sempre. Il suo romanzo più grande è senza ombra di dubbio “I Fratelli Karamazov”, perché c’è tutto: c’è il nichilista, l’utopista, il santo, il peccatore, l’assassino e l’assassino che non ha coraggio ma spinge gli altri a uccidere. Dostoevskij potrebbe essere considerato un grande direttore di orchestra: un direttore d’orchestra che non suona alcuno strumento, ma che al contempo li fa suonare tutti. Dostoevskij è l’unico autore in grado di rappresentare i sogni come realtà…
Cosa a mio avviso presente nella pittura e nella musica, ma difficilissima nel cinema, eccezion fatta per David Lynch e Federico Fellini…
… David Lynch rappresenta l’incubo, il Maestro Fellini ha rappresentato il sogno. E il sogno è di per sé un racconto.
Torniamo ai tuoi autori preferiti.
Franz Kafka, altro grande allievo di Dostoevskij e vero e proprio maestro della “tecnica dei sogni”. E poi naturalmente Alda Merini, maestra di vita e di poesia.
Quindi mi pare di capire che consideri poesia e racconto un’unica cosa…
Dostoevskij non ha mai scritto poesie ma si definiva un poeta. Diceva infatti: “La mia poesia è nel romanzo”. Sai invece cosa diceva Baudelaire? “Sei un romanziere? Non ti scordare di scrivere ogni giorno poesie, la tua prosa se ne arricchirà di molto”. Baudelaire è stato il più grande poeta della Bellezza. Si può dire che ha inventato la prosa poetica, usata in seguito da molti, anche da Alda Merini. Definirei la prosa “una giornata quotidiana con la poesia”. Possiamo dire che in generale i grandi artisti finiscono per unire arte e vita.
Quando scrivi segui un metodo?
Il metodo è la volontà. Ma riallacciandoci a quanto appena detto, possiamo dire che di mattina scrivo racconti e di sera romanzi, le poesie sempre.
Ci puoi parlare del tuo blog, “Soldato rock”?
“Soldato Rock” è il mio brogliaccio di autore underground on-line. Sono appunti di ordine vario, raccontini contadini, idee di romanzi, copertine di libri, perfino intere raccolte di poesie. Una specie di diario quotidiano che curo ormai da 8 anni. http://soldatorock.blogspot.it/
Infine, sei d’accordo con chi afferma che un’unione tra i popoli, in particolare in Europa, potrà passare solo attraverso la cultura?
I popoli sono già uniti dalla cultura. L’Europa non è unita dall’euro, ma dalla cultura: l’empirismo inglese è la spina dorsale dell’Europa, ma anche la spiritualità russa, il Rinascimento italiano, il Romanticismo tedesco, l’Illuminismo francese, la filosofia greca. Non sono affatto idee astratte, ma carne viva del nostro essere, è un blocco unico. Noi Europei siamo già uniti in un unico destino da secoli, e le anime dei nostri popoli vivono in comunità anche se le nostre politiche statali individuali a volte si combattono ferocemente. I popoli europei sono già uniti spiritualmente da secoli, per non dire da millenni, è la politica che è in catastrofico ritardo. Lo spirito sognatore e umanista di noi italiani potrà fare molto per il Vecchio Continente.
(i libri di GDA si possono visionare su Google Books: https://play.google.com/store/search?q=g.%20d%27ambrosio%20angelillo) |